Angelica, 40 anni, loft girl, sex worker, io dico: «faccio incontri».Passionali, non semplice sesso a pagamento perché a me piace il contatto fisico. Non potrei mai spogliarmi davanti a una webcam: in quel caso sì che mi sentirei un oggetto sessuale. Faccio la escort da cinque anni, in orario di ufficio dalle 10 alle 18: due clienti (anche se io li chiamo amanti) a cavallo della pausa pranzo e due nel pomeriggio. Solo se ho voglia. Il bello di questo lavoro è uno stipendio dieci volte superiore a quello da assistente del direttore di una compagnia petrolifera – il mio impiego precedente – e molto tempo a disposizione per me e la mia famiglia. La molla iniziale sono stati i soldi, adesso è la libertà. Se cominci e ti trovi bene (i clienti mi fanno gentilezze sconosciute ai miei ex) difficilmente smetti. La prima volta sono stata coinvolta in un “incontro a tre” da una compagna di università bella, laureata in Scienze della comunicazione e insospettabile come me.
Erano mesi che le confidavo un problema di lavoro: i continui palpeggiamenti del mio capo quando rimanevamo soli nella stanza. Per paura di venire licenziata non mi azzardavo a reagire. «Tanto vale tu lo faccia per molto più di 1.400 euro al mese». Con queste parole Ludovica mi convinse a provare. «Tutto qui?», pensai nonostante un grandissimo imbarazzo iniziale. Inoltre quei 300 euro guadagnati in appena due ore mi sembrarono un’enormità. Con il tempo invece ho capito che 200 euro all’ora, la mia tariffa standard, ha una funzione fondamentale: tenere lontano i malintenzionati. Il passo successivo è stato Internet, con la pubblicazione di annunci e foto, senza mai mostrare il viso però, sui siti specializzati, da zonerosse.com a escortforum.pw (costo dell’operazione 300 euro al mese, quello sì che è un business!).
Le italiane come me sono molto richieste, perché con le straniere non sai mai chi si nasconde nelle altre stanze, mariti o protettori pronti anche a derubare i clienti. Io invece ricevo da sola in questo studio, un appartamento preso in affitto grazie al mio commercialista che mi ha fornito una busta paga finta, a garanzia. L’affitto non è un gran problema. Addirittura mi è anche capitato che alcuni mi proponessero l’affitto di casa loro, dopo aver preso il mio telefono dai siti di escort, certi che avrei pagato regolarmente. Qui sto da quattro anni: il custode, che viene anche a fare le pulizie, quando m’incontra sulle scale è sempre molto gentile, forse perché è straniero. L’ottanta per cento dei miei “amanti” è clientela fissa.
I più giovani, sui 25, chiamano anche all’ultimo («Ti prego, ho bisogno di vederti, puoi tra un’ora?»), mentre gli altri, di solito, programmano un incontro a settimana. Con alcuni siamo amici e so che è assurdo, ma mi fanno sentire amata. Sarà anche perché il più vecchio non ha più di 55 anni. La paura più grande è che arrivi un parente. Ma finora non è successo, anzi ho rivalutato anche tanti ex fidanzati che pensavo mi tradissero e che invece non hanno mai chiamato. Solo una volta ho avuto un incontro a rischio con un ragazzo in cura psichiatrica. Me la sono cavata rassicurandolo, con grande sangue freddo, sugli aspetti positivi del suo carattere. Da allora, se arriva uno che non mi convince, non mi faccio problemi a mandarlo via con una scusa qualsiasi.
Una volta uno ha esordito: «Se non prendo qualcosa non ci riesco». Aveva già tirato fuori una bustina di polvere bianca, quando ho dovuto precisare: «Scegli, o fai sesso con me oppure prendi quella roba». Escludo categorica mente incontri con uomini dopati, anche perché non sai mai come reagiranno. Alla fine siamo arrivati a un compromesso, proposto da lui. Dopo aver sniffato la cocaina tra le mie tette (oltre alla puntualità, è una delle cose che più piacciono di me) si è rivestito e se ne è andato obbediente. A proposito di obbedienza, sadomaso o bondage vanno per la maggiore nel mio lavoro. Però, nonostante mi paghino a peso d’oro (il triplo della tariffa base), a me non piace far male a qualcuno. Forse perché sono già dominatrice di mio nella vita di tutti i giorni e un simile cambio di prospettiva non mi eccita più di tanto. Se non mi volessi bene non durerei a lungo in questo campo. Ai clienti che cominciano ad affezionarsi dico: «Con questi soldi tu paghi il tempo, non Angelica».
Con quelli che pretendono l’esclusività invece devo troncare. Non sai che soddisfazione c’è nel dire “no” a chi semplicemente non si regola con le richieste. Senza paura di perdere un guadagno perché il mio lavoro non conosce crisi. La mia famiglia d’origine, gli amici e anche mio marito sanno semplicemente che faccio il lavoro di prima. Mi pesa dovergli mentire, ma mi peserebbe di più dargli un dispiacere: se raccontassi della fonte dei miei guadagni immediatamente penserebbero al lato più squallido della faccenda.
Invece io sono orgogliosa della mia attività: ho tempo per accompagnare mia madre a fare la dialisi, vado in palestra regolarmente, mi prendo cura della casa e soprattutto degli affetti che è la cosa che per me più conta. Se penso a un figlio (chissà!) penso alle mie amiche, una decina, che fanno il mio stesso lavoro, le uniche con cui non devo mentire. Molte sono mamme single che, dopo il falli mento dei rispettivi matrimoni, hanno garantito ai figli la stessa vita di prima. Ieri, per esempio, abbiamo salutato Ludovica, quella della mia prima volta, alla vigilia delle nozze. Ha deciso di smettere. Quando parlo di lei con mio marito lui scherza, dicendo: «Perché non la frequenti di più? Saresti meno suora». Per strada, infatti, si accorge che non c’è uomo che catturi la mia attenzione. Ci credo, per me è lavoro! E prima di tornare a considerare mio marito come l’espressione dell’amore ho bisogno di qualche ora di decompressione. Per me il piacere più grande è farmi leggere un libro da mio marito prima di addormentarmi. Come quando, nel film La grande bellezza, Jep Gambardella dice alla spogliarellista Ramona: «È stato bello non fare l’amore. Mi ero dimenticato cosa vuol dire volersi bene».